Mentre a Dubrovnik, la Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (Iccat) ha aumentato del 20% le quote di cattura del tonno rosso (bluefin tuna), a Bruxelles il Consiglio dei ministri della pesca dell’Unione Europea ha stabilito i limiti di cattura per gli stock di specie ittiche di acque profonde economicamente rilevanti per il 2019 e il 2020 riducendo i limiti di cattura.
Due decisioni importanti che riguardano ambiti marini diversi: i tonni, sono grandi pelagici, e le specie, di cui hanno discusso i Ministri europei, caratterizzate da un habitat di profondità.
Riguardo al tonno rosso:
«Il sistema delle quote ha funzionato, tanto che oggi registriamo una forte presenza di giovanili. La popolazione cresce, e gli stock si stanno riprendendo. È una fase delicata in cui bisogna stare attenti a non vanificare i buoni risultati ottenuti. L’aumento del 20% purtroppo va proprio in contro a proprio a questa eventualità: il rischio di pescare i giovanili è alto. Proteggere davvero questa specie significherebbe invece aspettare ancora qualche anno, ovvero il raggiungimento della piena maturità sessuale e della riproduzione, che per questi grandi pelagici arriva intorno ai 5 anni di età» dichiara Silvio Greco, presidente del Comitato Scientifico di Slow Fish: «Slow Food guarda da sempre con attenzione la gestione del limite tra le necessità di protezione di una specie compromessa, in questo caso il tonno rosso, e le legittime aspirazioni del mercato. Non sempre però le pressioni esercitate dalle categorie, che rispondono in primo luogo ai propri interessi economici, aiutano a fare le scelte più appropriate».
Chi trarrà il maggiore beneficio da questo aumento? Il timore è che ancora una volta a guadagnarci siano i grandi, la gigante pesca industriale che non solo saccheggia il mare, ma mette a rischio anche la sopravvivenza delle comunità che vivono di pesca. L’auspicio è che al provvedimento Iccat e all’aumento significativo delle quote, segua anche un rafforzamento adeguato dei controlli a contrasto della pesca illegale, fenomeno che è purtroppo sempre presente e che, come se non bastasse, causa anche problemi di ordine sanitario.
Specie ad habitat profondo
Per quanto riguarda la decisione di Bruxelles, il mare profondo è una delle zone più sensibili degli oceani per la diversità di habitat e di specie viventi, gran parte delle quali ancora sconosciuta all’uomo. Le flotte di pesca industriale, comprese quelle dei paesi dell’Ue, pescano in queste zone perché in alcune acque costiere europee non realizzano più catture e profitti sufficienti. Tuttavia, molti pesci di acque profonde si riproducono più lentamente di altri e sono particolarmente vulnerabili.
L’UE avrebbe dovuto fissare ieri i limiti di cattura per 19 stock di acque profonde. Sei stock sono stati invece ritirati dal contingente. «Il Consiglio dei ministri ha seguito acriticamente questa proposta irresponsabile della Commissione europea» afferma Nina Wolff, referente di Slow Food Germania per la pesca. «Una gestione di queste popolazioni secondo il principio di precauzione avrebbe richiesto limiti di cattura rigorosi, compresi i divieti. I Ministri competenti dei Paesi Ue sono ben consapevoli della grande importanza dei pesci di acque profonde per gli ecosistemi marini. Tuttavia, importanti misure di conservazione sono state nuovamente sacrificate a favore di una gestione semplificata delle quote». E per l’ennesima volta questa settimana ci chiediamo, chi ci guadagna davvero?
Fonte: www.slowfood.it