Il nome e il logo del sito Blue Food : Green Future ? sono nati proprio con l’intenzione di aprire e allargare una condivisione su un tema cruciale per il futuro dell’umanità …i mari e gli oceani del pianeta potranno ancora esistere nella loro magnificenza ed essere una risorsa primaria per alimentare le prossime generazioni?
Prendendo la questione in modo ampio i segnali che giungono dal comportamento umano non sono certo orientati ad un progresso equilibrato ne’ sembrano tener conto di ciò che da decenni esperti e scienziati hanno messo in evidenza nei rapporti annuali sulla salute del pianeta.
Anzi oggi l’attuale amministrazione USA ,nega gli effetti del riscaldamento climatico come conseguenza delle attività di Homo sapiens sapiens e ripromuove l’utilizzo energetico delle energie fossili, compreso il carbone.
Uno degli effetti del riscaldamento legato all’aumento di CO2 nell’atmosfera è anche l’acidificazione delle acque oceaniche e se a base della attendibilità del metodo scientifico esiste la ripetibilità non casuale delle osservazioni ….La Grande Barriera Corallina ne rappresenta oggi una sciagurata evidenza sperimentale, mostrando aree sempre più estese di sofferenza dei madreporari che la costituiscono.
USA e Cina sono quasi alla pari come potenze industriali planetarie , ma se negli USA i responsabili della cultura sbandierano il “negativismo” sulla Teoria dell Evoluzione dei viventi ,base della comprensione di tutta la “Biodiversità” , la Cina ….senza entrare nel merito del commercio d’avorio degli ultimi elefanti africani , unitamente a quello dei corni di rinoceronte e a parti anatomiche di Tigri come potenziatori di attività sessuale, preleva ogni anno quasi il 40% di tutto il pescato mondiale .
Tutto ciò avviene senza il benchè minimo rispetto per specie all’orlo del collasso come squali e tante altre e con una dichiarata scarsissima propensione a sottoscrivere moratorie o limitazioni di qualsiasi tipo nei prelievi massicci operati da megapescherecci in grado di “spazzolare” il fondo e le superfici degli Oceani.
In questa nefasta attività distruttiva ,la Repubblica Popolare Cinese non si trova sola ,ma è seguita anche da altri paesi ; di questi anche alcuni europei che pur firmando trattati per la conservazione nelle propie aree territoriali e adiacenti ,si ritengono dispensati da qualsiasi regola quando poi praticano le attività di pesca in acque internazionali o in quelle di paesi rivieraschi i cui governi svendono al miglior offerente la propia ricchezza!
Se questa può essere vista come una forma di pirateria “semi-istituzionalizzata” …esiste quella vera che pesca illegalmente specie protette ,sottomisura e fuori stagione !
Qui è difficile fare una reale computo del danno arrecato perchè ovviamente essendo una pesca pirata e/o illegale …mancano per definizione stime ufficiali dei danni arrecati alle risorse marine.
Per venire più prossimi a casa nostra …l’Italia non è certo fra i paesi virtuosi nella pesca ; le sue coste sono depauperate di risorse e lungo queste, non ostante questa triste realta’ ,la pratica della pesca illegale ,grazie ad una insufficiente capacità di controllo dello stato ,è da sempre praticata sia in Mediterraneo come fuori delle Colonne d’Ercole .
Recentemente Greenpeace ha denunciato un naviglio siculo che in Senegal esercitava la pesca degli squali finalizzata alla crudele e impattante pratica del “finning” che però risulta assai remunerativa sul mercato cinese e orientale.
Tornando alle nostre coste basta cercare su internet voci come “pesca illegale” ,facendo seguire il nome della regione e se ne vedono di ogni per sequestri consistenti di novellame ,fuori taglia ,contingentamento (Tonno rosso) e mancato rispetto della stagionalità.
In Campania e anche in Puglia si ha notizia che alcuni ristoratori servono a clienti “speciali” ..il Dattero di mare …da tempo vietatissimo e proibitissimo ,ma che pur di compiacere il “camorro” , un boss intero o mezzo di turno che sia ,derogano volentieri dalle leggi e dai divieti ufficiali.
Per soddisfare l’incremento di consumi di pescato di una citta, come Milano ..ormai si importa dagli Oceani di tutto il Pianeta e la quota di pescato mediterraneo , se arriva , è spesso di provenienza spagnola,mentre difficilmente viene raggiunto anche un solo 20% di pescato mediterraneo sul totale.
Se si osserva poi quanto è esposto nei banchi pesce di grossi supermercati (Coop ed Esselunga ad es) ,la situazione non concede facili ottimismi, perchè ad un aspetto di sufficenza estetica del pescato ,mediamente con occhio tendente al piatto e in qualche caso anche un pò incavato , il “fresco” è provieniente dell’Oceano Atlantico e anche O. Indianoo .
Se non giunge dagli oceani è prodotto da acquacoltura anche di qualità (Orbetello e Sardegna), sebbene ora è in affermazione quella greca e turca per una maggiore riduzione dei costi all’origine e minor prezzo al pubblico.
Lo spazio Sushi e Sushimi a basso costo è poi irrinunciabile e offre mediamente preparati con prodotti impattanti come le mazzancolle tropicali, il Salmone norvegese a prezzo accessibile e Tonno pinna gialla e P.spada dell’ O. Indiano o del Pacifico.
Quindi se nelle città si consuma pesce importato ,nelle zone costiere cosa può essere acquistato?
Nei grossi supermercati non ci si può discostare di molto da quello che evidenzia una realtà come quella milanese, ma nei mercati rionali ci si può aspettare altro?
Sicuramente la sostenibilità della pesca che viene legalmente praticata ,non lo è di certo per le risorse marine e valutando la taglia sempre più ridotta e la tipologia delle specie sui banchi viene il forte dubbio che le specie di gran pregio percorrano vie alternative (Hotel,Ristoranti locali e del Nord) sovrapponendosi in percentuale difficilmente quantificabile con quanto viene prelevato con la pesca illegale.
Il discorso si fà ora assai complesso ,ma basta verificare le denunce di pesca illegale tanto per fare esempi in Campania e Sicilia per capire che il mercato pirata è tutt’altro che occasionale!
Di tutto ciò la gente comune sembra poco interessata,vuole comunque consumare il pesce perchè fà bene,ma non è sempre in grado di giudicare la qualità del prodotto acquistato e comunque richiede che lo stesso sia facile da cucinare, senza spine o già pronto come i sushi e sushimi di produzione “semindustriale”.
Esistono poi significative differenze sulla conoscenza del pescato fra i consumatori del Nord Italia e quelli del Sud : a Milano la gente si fida dei prodotti del supermercato ed è solo un’elite facoltosa quella che si può permettere acquisti in pescherie ad uso butiques con prezzi tre volte superiori a quelli praticati nei mercati di Palermo e della Sicilia in generale.
Nei mercati del Sud il pesce è sempre fresco, ma le sue dimensioni in diverse occasioni sono minime.
Questo evidentemente non disturba più di tanto perchè di fatto il consumo di “neonata “ anche se proibito dalle leggi comunitarie ,perchè riguarda avanotti di acciughe e sardine, è ancora considerato irrinunciabile da chi ama i gusti del mare!
Che dire poi delle trigliette pescate sottocosta o nelle lagune dello Stagnone di Marsala….una leccornia!
Vorrei ora che il lettore osservasse il pescato in vetrina di un noto ristorante di Catania , dove oltre alla freschezza indiscussa e alla ricchezza di biodiversità , si nota l’immancabile presenza della ghiotta “neonata” e la misura da infanti di alcune Cernie brune di taglia inferiori alla Gallinelle e le immancabili trigliette ..da friggere e mangiare in un boccone ..senza sentire le spine!
Ora il punto di domanda di Blue Food : Green Future ? ha una risposta : se andiamo avanti così e scarsi sono i segnali di controtendenza , prende consistenza un NO e visto che alcuni di noi hanno partecipato alla recente edizione di SLOW FISH a Genova ….il cavallo di battaglia “ Buoni ,Puliti e Giusti” di Slow Food , potrebbe risolversi in un buoni purchè freschi, puliti perchè il pubblico vuole solo filetti e in estinzione …perchè questo è il triste messaggio che ci viene dato dalla realtà della vita nei mari.
Preso atto di questo pessimismo pragmatico,qualche tenue speranza ci viene comunque data dalle cooperative dei pescatori locali in Italia e nel Mondo, ma di questo si parlerà in un prossimo articoletto che seguirà a breve.
Roberto Di Lernia