E’ come la scoperta dell’acqua calda o una “verità alla Catalano”, se identifichi un tratto di mare costiero di qualità e per un pò di anni allenti o riduci significativamente la pressione di pesca, la fauna marina tutta ne trarrà beneficio e addirittura ripresenterà crescite numeriche e dimensionali sorprendenti!
Negli anni 70 le coste di quella che oggi viene chiamata ex Jugoslavia oltre alle aree totalmente interdette alla pesca e al turismo di massa,si caratterizzavano perchè le sue risorse marine venivano gestite per tratti di mare definiti e che i pescatori utilizzavano in rotazione ; in pratica un’area ben delimitata veniva sfruttata, tenendo conto dei prelievi per anno e il ciclo si arrestava prima che la ricchezza di biodiversità andasse in sofferenza.
Lo stop pesca di una determinata zona di costa coincideva con l’apertura di un altro tratto di mare contiguo a cui i pescatori locali avevano accesso di prelievo con la stessa modalità.
Risultato : sempre abbondanza di pescato e variabilità di specie nel rispetto delle stagioni ; i pescatori locali erano anche severi custodi della loro risorse e se nell’entroterra si sentiva aleggiare un’aria cupa, preludio di tristissime guerre etniche, in mare chi si immergeva lungo le coste o le bellissime isole, poteva ammirare una ricchezza di fauna marina strabiliante tale da rendere sulla adiacente terraferma …solare o quasi anche il rapporto fra esseri umani.
Poi è arrivata la pesca industriale a cambiare le regole del gioco e se questo vale tristemente per buona parte del Mediterraneo e degli Oceani del Pianeta, propio perche la biodiversità è fortemente stressata ovunque..il modello “Jugoslavo” di allora ci appare di rara civiltà e lungimiranza e di riferimento per poter tentare di dare ripresa alla pesca locale ,all’ambiente e ad un turismo consapevole e rispettoso dello stesso.
E’ evidente che il tutto però deve comportare una forte contropressione sulla pesca industriale e dei consumi che questa impone nel mercato dopo aver addestrato i consumatori a pretendere nel piatto sempre la stessa ” pappa”, sfilettata,spinata,affettata e perchè no magari cruda per diminuire l’emissioni di CO2 dovute alla cottura!
Ora tornando all’oggi , lungo le coste del nostro variegato paese …le AMP abbondano ,ma non sempre trovano il favore dei pescatori ,sia singoli che organizzati in cooperative ; essi vedono nell’AMP un limite e un interdizione al loro diritto generazionale al un prelievo in mare che considerano un propio patrimonio anche se nella situazione attuale genera più disoccupazione e sussidi a carico della comunità che nuovi posti di lavoro!
Se le AMP possono essere potenzialmente un’investimento per ridare nuovamente vita alla salute dell’ambiente marino e conseguentemente alla piccola pesca sostenibile, và detto che le loro aree di tutela godono di scarso rispetto ,sia a causa di una mancanza di coscenza localmente condivisa sulla loro utilità , come dalla generale scarsità dei mezzi dello stato, di norma assai più impegnati nei controlli/soccorsi in Mediterraneo.
Capita così che l’AMP diventa mira di chi ,magari di notte con tanto di bombole e fucile và a prelevare cernie ,dentici e aragoste che poi finiscono “discretamente” in siti di ristorazione dove quel tipo di pescato è irrinunciabile …costi quel che costi! In realtà propio perchè illegale viene pagato meno che ai prezzi di mercato, ma vien fatta valere la relazione : “Ottimo, Sporco …e a basso prezzo “.
Quanto sia variegata lungo lo stivale questa situazione e che rende di difficile realizzazione il civilissimo modello gestionale di “rotazione slava”, verrà illustrato passando in rassegna alcune realtà da Nord a Sud e in particolare le seguenti:
- Cooperativa dei Pescatori di Camogli (GE)
- Cooperativa dei Pescatori di Cabras (OR)
- Cooperativa dei Pescatori di Orbetello (GR)
- Cooperativa dei Pescatori di Torre Guaceto (BR)
- Consorzio Pescatori di Lampedusa e Linosa (AG)
- “Mare di Lampedusa”, società cooperativa a r.l.
- Cooperativa dei Pescatori di Malta
Da nord a sud il primo caso è la Cooperativa dei Pescatori di Camogli una realtà vissuta con orgoglio non privo di vivaci dinamiche locali ; fino ad aprile di quest’anno la cooperativa gestiva “ La Tonnarella” nell’area antistante Punta Chiappa e l’ impianto costituito da reti biodegradabili era per molti esempio di pesca “sostenibile” in area adiacente all’AMP del Monte di Portofino. L’impianto attivo da aprile a settembre, assicurava la cattura stagionale di Ricciole,Palamite, Sgombri e altri piccoli pelagici.
All’inizio di stagione l’impianto è stato completamente affondato durante la notte con un danno materiale di circa 100.000 euro e sopratutto con l’annullamento totale dell’intera stagione di pesca.
Non entro nel merito di commenti che potrebbero essere pesanti,ma la cooperativa era presente comunque a Slow Fish ed esponeva mestamente i suoi barattoli di acciughe sottosale, invitando i visitatori a donazioni, acquisti e sostegno.
Segue la Cooperativa dei Pescatori di Cabras di cui da tempo sono ricercatissime e apprezzate le bottarghe di muggine degli stagni omonimi.
La cooperativa risulta assai ben organizzata sul piano commerciale e i suoi prodotti possono essere trovati anche nei supermercati del Nord Italia.
L’eccesso di domanda ha però portato all’importazione di pescato extramediterraneo per soddisfare la richiesta di bottarga di muggine assai più delicata di quella di Tonno che attualmente viene ottenuta da T.pinnagialla oceanici!
A Slow fish nei banchi espositivi della cooperativa ,erano presenti anche piccoli tranci di Marlin affumicato ,sostitutivo del Pesce Spada o forse più modaiolo ,ma sicuramente non mediterraneo.
Il pubblico ovviamente è attratto da queste proposte che come la bottarga del Senegal costano meno di quella ormai rara e preziosa originaria degli stagni di Cabras.
Ritornando sulla penisola giungiamo così alla Laguna di Orbetello,zona di grande pregio naturalistico e dove esercita la propia attività la Cooperativa dei pescatori di Orbetello.
Questa cooperativa può essere considerata un vero fiore all’occhiello per quanto riguarda l’attività di pesca sostenibile in ambiente non inquinato e prediletto da un’ittiofauna tipica delle lagune salmastre e ovviamente da un avifauna ricca ,tra cui i Fenicotteri come del resto negli stagni di Cabras.
La cooperativa costituita da un centinaio di operatori in mare e a terra, lavora solo prodotti pescati in laguna cefali,branzini,anguille e raggiunge l’eccellenza con le sue bottarghe di muggine che possono giungere anche al peso di 500 gr da pesci oltre 5 Kg pescati all’ingresso dal mare.
La bottarga di muggine di Orbetello è un presidio Slow Food ed è attualmente l’unica certificata come autoctona e rispettosa dell’ambiente.
Circa un paio d’anni fà tutta la Laguna ha subito un sovrariscaldamento delle acque con morie diffuse di specie pregiate come Orate,Branzini e Cefali, ma l’ambiente tutelato da mani sapienti ,si è ripreso e la pesca artigianale è ritornata ad essere una realtà.
Nella nostra discesa a Sud troviamo un’esempio eclatante di come l’attività di pesca possa essere altamente compatibile col rispetto ambientale e della vita marina tanto da dare lavoro ai pescatori e rendere gli stessi guardiani orgogliosi dell’area marina in cui svolgono la loro attività.
Siamo in Puglia a Torre Guaceto dove una piccola comunita’ di una decina di pescatori ha visto realizzare con profitto quello in cui solo più di dieci anni fà non credevano o addirittura consideravano negativamente.
Qui esisteva ed esiste un’AMP amministrata da tempo da WWF Italia e l’esperimento effettuato ricorda un pò la citata “saggezza slava” nella gestione delle aree di mare !
Negli anni i pescatori hanno avuto accesso all’area immediatamente esterna la riserva e hanno potuto toccare con mano come proteggere la vita marina generi poi pesca più abbondante per dimensioni e quantità.
La comunità dei pescatori di Torre Guaceto con la loro attività e controllo sinergici con l’esistenza dell’AMP , rappresenta un caso ideale da prendere a modello e la cui vera difficoltà e riuscire a diffonderlo!
Questo esempio veramente incoraggiante non trova poi riscontro scendendo più a Sud in Sicilia e in particolare nell’AMP delle isole Pelagie Lampedusa e Linosa dove tutte le licenze di pesca sono concentrate a Lampedusa e una sola è a Linosa.
Il Consorzio dei Pescatori di Lampedusa e Linosa conta 54 soci tra cui Pietro Famularo noto per le sue conserve e sughi a base di Alaccia,Palamita,Ricciola e Tonno ovviamente,etc ; all’interno della stessa è ben rappresentata la famiglia Palmisano con 6 soci e comunque non sembra emergere un ruolo evidente nelle tutela delle risorse marine della AMP. Emerge il dissenso per l’assegnazione delle quote di Tonno rosso da parte dell’ICCAT ormai giudicato abbondantissimo e il fastidio per i veti e o limitazioni su Bianchetti, Rossetti e Ciciarelli
A Lampedusa esiste anche la cooperativa a responsabilità limitata “Mare di Lampedusa” la cui attività appare legata ad attività di pesca in mare.
Stà di fatto che i pescherecci di Lampedusa pescano di diritto anche a Linosa dove i locali con una sola licenza praticano volentieri la pesca non regolamentata del Pesce spada.
Come già detto in un precedente articolo a Linosa giungono i pescherecci da Malta che pescano in stagione le Lampughe (Lampuki) in un AMP in territorio italiano. Una decina di anni fà la stessa cosa avveniva con barche tunisine,ma di ciò voglio essere volutamente povero di commenti.
Il nostro percorso si conclude con l’ Isola di Malta : qui un gruppo di pescatori tradizionali ha fondato Marsaxlokk Artisanal Fishers (MAF) il cui impegno è quello di difendere le propie tradizioni ,la propia pesca e le propie variopinte barche note come Luzzu.
Bluefoodgreenfuture? Crede nell’attività di questi uomini e si propone nei limiti del possibile di aiutarli.
Quali strategie usare è ancora tutto da definire,ma un punto di partenza è conoscerne la realtà e il suo contesto e far sapere a chi ama il mare e la sua vita che la realtà dei pescatori diMalta come in altri luoghi del Mediterraneo e del Pianeta è comune a quella di uomini che lottano per soppravvivere, rischiando di restare senza lavoro per gli effetti devastanti della pesca industriale.
Roberto Di Lernia