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Squali, quando il predatore diventa preda

Gli squali nuotavano nel mare immenso senza “confini” ben prima della comparsa dei dinosauri sulla terra. Quattrocento milioni di anni fa o giù di lì, e assomigliavano parecchio agli attuali rappresentanti dell’ordine dei selaci che raggruppa, oggi, 465 specie. Sono ancora lì, dunque, nelle acque del pianeta, a gironzolare in cerca di prede. Dal più piccolo, lo squalo pigmeo, ovvero lo “Squaliolus laticaudus” che non supera i 22 centimetri, allo squalo balena (Rhincodon typus) che raggiunge i 12 metri e mezzo e un peso di 20 tonnellate. Nel mezzo di questa vasta “famiglia”, i predatori al vertice della catena trofica del mare come il grande Bianco, lo squalo smeriglio, lo squalo mako, la verdesca.

Ma non, evidentemente, dell’intero mondo animale visto che tempi remoti vengono cacciati (vedi alla voce, massacrati) dalla specie uomo. «Ogni anno – spiegano gli esperti del Wwf – sono più di 100 milioni gli squali che muoiono a causa dell’uomo». Una strage più o meno silenziosa che rischia di sterminare i selaci e cancellare le specie più bersagliate. «Il 50 per cento delle specie di squalo presenti nel Mediterraneo – denunciano al Wwf – è a rischio estinzione, un quarto delle specie presenti negli oceani di tutto il mondo rischia di estinguersi. In Mediterraneo, sono 47 le specie presenti, ma più della metà di queste è sul punto di scomparire per sempre. Bycatch o pesca accidentale è una delle principali minacce per la sopravvivenza degli squali , il 10-15 per cento degli animali marini catturati dagli ami dei palangari è costituito da squali».

Un pericolo che avrebbe immediate conseguenze sull’intera catena alimentare e sull’equilibrio del mare. Per questo il Fondo per l’ambiente ha lanciato una campagna in difesa degli squali dal titolo “Progetto SafeSharks” della durata di tre anni che andrà avanti con la collaborazione di altre organizzazioni non governative, ricercatori e cooperative di pescatori.

«Il Mediterraneo – riferisce Giulia Prato, del Wwf Italia – rappresenta uno dei posti più pericolosi del pianeta per gli squali, almeno la metà delle specie che lo popolano rischia di estinguersi. La minaccia più grande alla loro sopravvivenza è la cattura accidentale da parte degli attrezzi da pesca, calati in mare per pescare altre specie. Quelle mediterranee oggi protette sono 24 e per questo motivo, una volta catturate in maniera accidentale, devono essere rilasciate illese. Spesso invece accade che gli squali pescati involontariamente vengono introdotti nel mercato, etichettati in modo scorretto e venduti illegalmente, alimentando così il fenomeno conosciuto come frode alimentare».

È dunque allarme, per l’esistenza di questi antichi abitanti degli oceani e dei mari del pianeta. Un rischio che nonostante le ripetute denunce non ha ancora sortito a un piano intergovernativo di tutela. «Non esiste ad oggi un appropriato programma di monitoraggio nel Mediterraneo che fornisca informazioni dettagliate sulle specie e sul numero di individui di squali presenti, sui tassi di cattura accidentale e sul fenomeno di frode alimentare». L’Italia è uno dei maggiori mercati al mondo per il consumo di carne di squalo. Veri imbrogli alimentari e commerciali, perché nemmeno i consumatori sono consapevoli di mangiare carne di squalo. In particolare, sono tre le principali cause di frode alimentare: la commercializzazione scorretta di specie commerciabili per aumentarne il prezzo (ad esempio la verdesca venduta come pesce spada); specie protette illegalmente vendute o specie protette vendute involontariamente a causa di una scorretta identificazione.

I predatori degli abissi, insomma, si arrendono al predatore uomo. Non si tratta però della naturale competizione intra specifica come quella perpetrata dagli squali ma di una strage senza ragione e dalle conseguenze drammatiche. Da qui la domanda provocatoria (“Chi è il vero squalo?”) che il Fondo mondiale per la natura rivolge agli uomini per una campagna non solo di denuncia ma anche e soprattutto di educazione ambientale e civile.

Fonte: Unionesarda.it

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